Le parole che ci fanno vivere

“…Ci sono parole che fanno vivere

E sono parole innocenti

La parola calore e la parola fiducia

Amore giustizia e libertà.

Le parole bambino e gentilezza

E certi nomi di fiori e di frutti.

La parola coraggio e la parola scoprire

La parola fratello e la parola compagno

E certi nomi di paesi e villaggi

E certi nomi di donne e amici…”

                            Paul Eluard

Come possiamo riconoscere “le parole che ci fanno vivere” dal chiacchiericcio della mente che nutre il nostro quotidiano sentire? Quale ascolto dobbiamo saper riservare alle sonorità profonde della nostra anima per non sentirci soli?

In questo momento complesso di isteria e smarrimento collettivi è importante saper ritrovare il valore della parola: quella letta, quella ascoltata, quella riferita. Ogni parola è un messaggero di intime verità. Come testimonia mirabilmente Hillman: “le parole, come gli angeli, sono potenze che esercitano su di noi un potere invisibile. Sono presenze personali dotate di intere mitologie: generi, genealogie (etimologie concernenti le origini e le creazioni), storie e voghe; e hanno inoltre specifici effetti protettivi, blasfemi, creativi e annientanti. Poiché le parole sono persone”. È proprio in questo tempo di eccesso ermetico che dobbiamo saper ritrovare il coraggio di scegliere e sacrificare le parole che utilizziamo. Spesso usiamo le parole senza rispetto e senza consapevolezza; senza averne cura, senza sentirci responsabili. Gadamer afferma: “l’essere che può venir compreso è linguaggio” ovvero il linguaggio è il luogo della mediazione per eccellenza – tra noi e il mondo, tra noi e gli altri e persino tra noi e noi stessi – in virtù della sua valenza ontologica, ossia della sua capacità di trascendere la mera dimensione del “detto”. Per questa ragione la verità delle “cose” non si dà mai completamente e una volta per tutte, ma implica sempre un movimento di ricerca e di approfondimento.

Occorre ripensare alle parole per non rischiare di delegare all’Io ogni nostra verità, per non perdere l’opportunità di accogliere i moti dell’anima che orientano il nostro potenziale, per non banalizzare la complessità emotiva che abita i nostri cuori. Occorre prestare attenzione alle parole per non perderci la loro densa corporeità.

Ogni parola è preziosa perché contiene mondi infiniti e ha in sé un invisibile potenziale terapeutico.

Abbiamo bisogno di contadini,

 di poeti, gente che sa fare il pane,

che ama gli alberi e riconosce il vento.

Più che l’anno della crescita,

ci vorrebbe l’anno dell’attenzione.

 Attenzione a chi cade, al sole che nasce

e che muore, ai ragazzi che crescono,

 attenzione anche a un semplice lampione, a un muro scrostato.

 Oggi essere rivoluzionari significa togliere

più che aggiungere, rallentare più che accelerare,

significa dare valore al silenzio, alla luce,

 alla fragilità, alla dolcezza

                                                       Franco Arminio

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